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Saturday 20 December 2008

Lo zanshin 『残心ということ』








Oggi parliamo dello zanshin [残心], ovvero un elemento precipuo del kendo.


Proviamo ad immaginare un colpo (ippon 一本) come il cerchio qui rappresentato (un'immagine tipica nell'iconografia del buddhismo zen). E' palese il fatto che il principio e la conclusione di tale figura siano equivalenti; nella figura, infatti, vediamo che come la parte iniziale inizi da un tratto fino per ingrandirsi, stesso procedimento ma all'inverso si trova nel piccolo segmento finale. Utilizzando questa figura metaforicamente possiamo immaginare un colpo che inizi e finisca nella stessa maniera, ossia nel kendo ritornando in chudan no kamae [中段の構え]. Questa posizione è la nostra rampa di lancio per ogni colpo, di conseguenza è sempre lì che dobbiamo tornare: un colpo-una circonferenza tenute insieme dalla guardia basilare del kendo. Affinché ci sia ippon sono necessarie due cose:
  1. l'unione di ki ken tai [気剣体], ovvero di spirito, spada e corpo;
  2. zanshin, ossia offrire a noi stessi la possibilità di disegnare un altro cerchio.

Un ippon deve contenere questi due punti, tuttavia, sebbene lo zanshin sia un elemento che ci mette in condizione di fare un altro ippon, in ogni colpo non deve esserci traccia di risparmio. Questo è tipico della filosofia giapponese d'influenza buddhista, ma che in parte è stata sviluppata anche dai filosofi romani, i quali la riassunsero in questa frase: in medio stat virtus. I giapponesi, però, la hanno un po' complicata: bisogna dare il massimo in un colpo, ovvero, se si parlasse di uno scontro volto ad uccidere l'avversario, farla finita con un taglio, ma conservare quello stato d'animo, lo zanshin per l'appunto, che ci consenta di sferrarne poi un altro. E' una ricerca complessa e lunga, ma che conferisce all'arte della spada giapponese quel suo elemento spirituale che tanto la contraddistingue.


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