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Monday 29 December 2008

[le piccole memorie di J. Saramago]


Se avessi un nonno, vorrei che fosse più o meno come il Saramago de "Le Piccole Memorie".

In questo breve libricino (sono esattamente 120 pagine), il mio scrittore preferito, lo preciso in caso qualcuno non l'avesse capito, ripercorre in maniera cronologicamente disordinata ciò che la sua memoria conserva dei suoi primi 15-16 anni di vita.

Non è una parte di un'autobiografia, sembrano, bensì, quei racconti, quegli aneddoti, che una persona si diverte a raccontare (si diverte ma con malinconica commozione) di fronte una bottiglia di vino e qualche parente, magari dei nipoti che vogliono sapere quale fu l'esistenza infantile di ciò che per loro rappresenta la senilità.

Saramago racconta appassionatamente conferendo storicità ai suoi primi anni, non nascondendo i suoi, ovvi e comprensibili, buchi di memoria ugualmente ammettendo che questa sua formidabile capacità di ricordare forse è coadiuvata dalla sua fantasia. Il nobel portoghese ci descrive la vita, le abitudini e i sentimenti di quelli che erano i contadini allevatori del primo trentennio del novecento in uno sperduto luogo del Portogallo (Azinhaga), restituendo ai suoi progenitori e parenti una dignità che la loro classe sociale aveva iniziato a perdere secoli avanti. Ma non solo. Saramago ci mostra quanto degli eventi accaduti in quei pochi anni si sarebbero poi, consapevolmente o meno, riproposti nei suoi romanzi (Cecità, Il memoriale del convento, Manuale di pittura e calligrafia, il Vangelo ecc.).

Questo più di ogni altro romanzo ci mostra Saramago com'era e come sarebbe diventato, nonché quanto delle esperienze estemporanee di un bambino povero possano diventare materiale letterario così valido da assumere le fattezze di un premio nobel.

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